San Biagio di Sebaste

  

San Biagio compie la sua vita terrena tra il III e IV secolo d.C. in Anatolia che oggi è considerata la Turchia orientale e che a quei tempi era una Provincia di romana chiamata Armenia Minor o Cappadocia.

Nasce intorno all’anno 245 probabilmente da una nobile famiglia armena. Come era usanza del tempo viene avviato agli studi  filosofiche successivamente a quelli medici.

La tradizione ci tramanda una persona giusta e ricca di sani principi. Biagio si appassiona alla fede in Gesù a seguito di contatti con alcuni Cristiani.  Biagio vive in un periodo particolare dell’Impero Romano in cui una serie di editti  contrastano i Cristiani. Uno in particolare imponeva la sacralità della figura dell’imperatore e conseguentemente l’adorazione come divinità.


Molto probabilmente la conversione di San Biagio avviene in questo periodo. E’ nella zona dell’attuale città di Sivas (allora Sebaste) che si concentra l’attività di San Biagio. E’ proprio in questa zona che Biagio, convertito alla fede in Dio, si sarebbe distinto per la grande carità d’animo e per le sue opere di misericordia che attuava verso i deboli, malati e moribondi.

Biagio venne investito dell’incarico di Vescovo di Sebaste nell’anno 285 d.C., tale investitura avvenne per acclamazione comune di clero e popolo. Biagio accettò tale incarico conscio di mettere ancora più a rischio la sua vita , incurante dei pericolosi editti contro i Cristiani.

Sotto il Governatorato di Licino, nonostante l’”Editto di Milano” che concedeva una specie di amnistia religiosa e autorizzava una certa libertà di culto, vennero perpetrate una serie di stragi tra i cristiani con una ferocia inaudita; un vero e proprio accanimento contro i fedeli in Cristo sotto il quale cadrà anche San Biagio.

A seguito di tette persecuzioni San Biagio visse Buona parte del suo incarico ecclesiale nascosto in una caverna nei pressi di Sebaste con la compagnia di animali selvatici, che, come vuole la tradizione egli guariva con la sola parola. In questo luogo inospitale poche persone andavano a trovarlo per portagli cibo e soprattutto per ricevere benedizioni.

Ma accadde che soldati romani scoprirono la grotta e lo catturarono lo condussero in città.

La tradizione ci racconta che durante il tragitto verso la città, al passaggio del Vescovo prigioniero vi furono numerose conversioni al cristianesimo e altrettanti miracoli.

 

Uno degli eventi più particolari e ancora ricordato ricorda di una mamma che si rivolse al Vescovo prigioniero per liberare il figlio dal soffocamento causato da una spina di pesce conficcata in gola; il fanciullo a seguito dell’intervento miracoloso del Santo  ebbe salva la vita.

L’altro evento riguarda un lupo che aveva razziato un maiale ad una vecchietta procurandogli grave danno, l’intervento si san Biagio amico degli animali fece si che il lupo restituisse alla donna il maiale insieme ad alcuni semi e delle candele con la conseguente conversione della stessa.

La tradizione ci riporta ancora che San Biagio chiese a questa donna, che andò più volte a trovarlo in prigione, di celebrare in futuro la sua memoria, ricordando questi due avvenimenti. Tanto è vero che ancora oggi è usanza benedire la gola con le candele incrociate.

Durante la detenzione Biagio fu flagellato,  torturato con una macchina che stirava i muscoli e le ossa infliggendo atroci supplizi e gli vennero strappati pezzi di carne viva con dei pettini arroventati. Tutto ciò affinché rinnegasse il proprio Dio e professasse la fede dei romani. Non avendo ottenuto nulla da tali torture venne legato ad un palo e annegato in un lago, ma il Santo invece di annegare camminò miracolosamente sull’acqua retto da una schiera di angeli accorsi in suo aiuto; a questo punto Agricolao oltraggiato dalla resistenza della fede in Dio di Biagio lo fece decapitare  insieme a lui furono decapitate anche 7 donne e due fanciulli accorse lungo le rive del lago e arrestate perché avevano raccolto il sangue che sgorgava dal corpo di San Biagio, era il 3 febbraio del 316 d.C..

 

 

 

  

Carosino e San Biagio

tra storia e tradizione

 

Il culto di San Biagio a Carosino è da ricercare tra quelle antichissime tradizioni bizantine presenti in gran parte della “Terra d’Otranto”. Quasi certamente è stato portato dai profughi scampati dalla grande incursione saracena del 928 e stabilitisi nei vari casali del circondario Tarantino e che favorirono la crescita degli stessi e la formazione di piccoli agglomerati urbani come Carosino. Inoltre sono da considerare anche le milizie provenienti da Costantinopoli stanziate in Puglia (parte estrema dell’Impero d’Oriente) che portarono l’organizzazione sociale e religiosa dei loro paesi d’origine.

Non è pertanto un caso che oltre il 90% delle comunità dell’ex comprensorio Terra d’Otranto coltivi devozioni per un santo di origine orientale.

Bisogna aspettare la metà del XVI secolo per rilevare le prime attestazioni di una forma di culto preciso dei carosinesi nei confronti di San Biagio, consistenti in alcuni neonati ai quali viene attribuito il nome Biagio.

Le successive manifestazioni religiose dell’anno 1800 ci portano a capire che più che mera devozione isolata il culto verso San Biagio si stava rafforzando sempre più; è infatti del 1807 uno stanziamento per una “festa” in onore del santo.

Successivamente nel 1853 i devoti realizzarono un a cappella in onore di san Biagio all’interno della Chiesa Madre.

Alla fine dell’800 con l’arrivo a Carosino di Don Cosimo Fiorino che viene regolarizzata la “Questione San Biagio”, nel 1902 venne restaurato il Cappellone San Biagio e nel 1907 porta a conoscenza delle autorità ecclesiastiche la richiesta di ottenere il protettorato di San Biagio per Carosino.

L’istanza venne accolta il 5 maggio 1908 e il 12 di agosto, Papa Pio X, emanò la bolla papale che formalizzava il santo vescovo e martire armeno come protettore di Carosino.

 

 

Carosino e Maratea

unite in San Biagio

Tutta la comunità religiosa e laica di Carosino, ha vissuto un momento di grande gioia durante i solenni festeggiamenti per il Patrono San Biagio.

L'occasione, una prima in assoluto  che per importanza è paragonabile solo all'evento dell'estate 1908 quando il vescovo di Sebaste venne ufficializzato come protettore di Carosino, è stata data dalla presenza in quei giorni delle reliquie di San Biagio provenienti da Maratea (Pz).

Il Gemellaggio religioso con la famosa cittadina potentina, sotto la protezione comune de Vescovo-Martire armeno, già nell'aria  sin da settembre 2000 è stato fortemente voluto e portato a termine l'anno successivo dal locale Comitato San Biagio e dalla Pro Loco di Carosino, i cui componenti si sono personalmente recati a Maratea, al fine di preparare adeguatamente un appuntamento così rilevante per la cittadina Jonica.

 

L'incontro preliminare (avvenuto il 20.05.2001) tra la delegazione carosinese ed il rettore-parroco della Basilica padre Gennaro Pacelli, il Comitato ed il Sindaco di Maratea Dott. Giuseppe Schettino, si è svolto all'insegna della massima cordialità e reciproca disponibilità a collaborare per la realizzazione di questo evento.

 

 

 

La delegazione Carosinese

A. Frascella, A. Tria,F. Cartanì,

B. Piccini, G. Galteri, F. Caputo,

D. Monteleone (da sx a dx)

Un ringraziamento particolare, nella circostanza, va riconosciuto anche al vescovo di Teggiano-Policastro S.E. mons. Angelo Spinillo per il benevolo interessamento mostrato verso questa lodevole iniziativa e, soprattutto, per il simbolo di notevole valore spirituale di cui ha voluto far partecipe tutta la collettività jonica, con la donazione per questa ricorrenza di una reliquia di San Biagio alla Chiesa di Carosino.

Nutrito, per la speciale commemorazione, il programma religioso, che ha vissuto il suo apice nel pomeriggio di venerdì 13 ottobre 2001 alle ore 16,30 quando dopo l'intronizzazione del Santo la comunità Carosinese è partita in corteo dalla Chiesa Madre verso le porte del paese per accogliere le sacre reliquie di San Biagio accompagnate da una delegazione e da padre Giovanni parroco di Maratea.

Sabato 14, invece, dopo la messa celebrata dall'arcivescovo Metropolita di Taranto S.E. Mons. Benigno Papa alla presenza del Sindaco di Maratea e di quello di Carosino si è snodata per le vie del paese la solenne processione del simulacro di San Biagio e della sua reliquia.

"La Festa di San Biagio - ha sottolineato Don Leonardo Marzia Parroco di Carosino - ci trovi tutti impegnati nella preghiera e nell'invocare aiuto e benedizione sulle nostre comunità e sui malati in particolare da parte del nostro comune protettore."

In ricordo di questo importante evento, nel cosiddetto "Cappellone di San Biagio", all'interno della Chiesa Madre  è stata scoperta una lapide commemorativa ed il Comitato, a nome del popolo Carosinese tutto ha fatto realizzare un apposito reliquiario per la custodia della preziosa reliquia di San Biagio.

 

a cura di Floriano Cartanì

 

Cronistoria di una giornata di festa

Anno Domini 2007 13 maggio

 Al termine della solenne Messa, celebrata nella Chiesa dell’Annunziata stracolma di fedeli, inizia la processione con il Simulacro di San Biagio che si dirige verso la Chiesa Madre. Nella Chiesa Madre la statua viene ricoperta del tradizionale manto rosso e tra una moltitudine di gente festante ed emozionata  inizia il ritorno del Santo verso la Basilica.

La giornata è calda. Il sole risplende in tutta la sua lucentezza, il mare azzurro è calmo: sembra una giornata di “paradiso”.

Accompagnano allegramente il Santo tantissimi giovani, molte persone salgono a piedi scalzi, si notano pellegrini provenienti dai paesi vicini e da paesi più lontani, un folto pellegrinaggio è arrivato da Carosino (TA), paese gemellato a Maratea... C’è anche qualche emigrante dal Venezuela...

Alle 11,45 il Simulacro del Santo entra in Basilica, dopo che il Sindaco l’Arch. Francesco Ambrosio ha offerto a nome della popolazione un cero e ha donato il suo personale contributo in segno di gratitudine e di devozione al Santo Protettore.

La gente saluta il santo toccando con fazzoletti la statua e inginocchiandosi di fronte all’urna contenente il sacro torace.

Alle ore 12.05 inizia la celebrazione della Santa Messa officiata da don Donato Partepilo, vicario parrocchiale. Durante la messa si nota nella zona del presbiterio, gremita di persone, una certa agitazione. Qualcuno sottovoce mi dice che San Biagio “ha fatto la manna”. Chiedo di restare calmi e di conservare il silenzio e l’atteggiamento di compostezza fino al termine della Santa Messa.

Terminata la Messa do incarico al Comandante dei CC De Pietro di rendersi conto di ciò che sta succedendo. Nel frattempo il Sindaco prende atto che le colonne della Cappella sono molto inumidite e strofina due fazzolettini sulle colonne della Cappella di San Biagio e poi li depone nella tasca della giacca. Il comandante dei Vigili Urbani Tenente Biagio De Rosa ha un’aria sconvolta. Chiedo ai carabinieri di poter entrare nella Cappella per verificare l’accaduto.

Tocco con le palme delle mani le pareti interne della cappella e mostro al popolo le mani completamente bagnate di acqua. L’urna che contiene il torace mi sembra di colore più scuro, la tocco e noto che è molto umida e dalla parte di dietro è bagnata. L’altare su cui si poggia la statua del Santo è totalmente asciutto. I vetri sono asciutti e per niente appannati o umidi. Esco dalla cappella e verifico che anche le colonne esterne, il pavimento e il retro della cappella sono bagnati.

Domando agli anziani, che hanno assistito nel 1976 allo stesso fenomeno, il loro parere. Mi dicono che è “la manna di San Biagio”. Allora dal pulpito annuncio che san Biagio “ha fatto la manna” e personalmente vado a suonare le campane a festa e faccio esporre sul terrazzo della Basilica il palio per avvisare la cittadina di Maratea del prodigio.

A più riprese entro nella cappella per verificare se il prodigio continua; nel frattempo  anche gli altari laterali della Basilica si sono completamente inumiditi, in modo particolare il bassorilievo della Madonna della Sapienza è inzuppato di acqua. Don Donato vi passa sopra la mano e dalla mano gocciola acqua. Il bassorilievo dell’Annunciazione è asciutto. L’ultima verifica la faccio alle ore 16.15. Le pareti della cappella sono completamente asciutte, mentre l’urna è ancora umida. La Basilica resta aperta per tutta la giornata. Alle ore 18.00 celebro una messa di ringraziamento. Nell’omelia spiego il fenomeno della manna e invito il popolo a gioire perché è il segno di protezione di San Biagio su Maratea. Tante volte questo fenomeno si è verificato nel corso dei secoli.

La Bolla di Pio IV del 1562 parla della manna che scaturisce ogni giorno dall’urna del santo.

Don Paolo d’Alitti ricorda due processioni fatte con grande devozione e fervore e che si concludono con il dono della manna: la prima processione da parte di una nobildonna che dalla marina di Maratea sale scalza al santuario. Al termine del pellegrinaggio penitenziale san Biagio gradisce e conferma con la manna il suo gesto penitenziale: è l’anno 1635. Nel 1680,durante una primavera aridissima  il popolo di Maratea con devozione sale sulla Basilica a chiedere al Santo protettore la grazia della pioggia. Il santo prima fa scaturire la manna e il giorno dopo sulla cittadina si riversa un’abbondante pioggia. Don Paolo d’Alitti afferma che anche i predicatori che in quella sua Chiesa hanno tenuto i panegirici in onore del Santo sono stati consolati con il dono della manna. Nel 1736 il Beato Angelo d’Acri, chiamato al termine del quaresimale a predicare nel Santuario, è dovuto intervenire presso il Santo, dopo il fenomeno della manna, chiedendo l’immediata cessazione della manna che per la grande quantità stava allagando la Chiesa. L’episodio  è riportato nel processo di beatificazione del Beato Angelo d’Acri.

Per tradizione orale si racconta di altri momenti in cui la manna sia comparsa.

Ho scritto la cronaca della giornata del 13 Maggio 2007 per non dimenticare l’evento che è segno di particolare protezione del nostro Santo Protettore, ma anche per ricordare a tutti noi che San Biagio ci protegge se camminiamo con lui e lo seguiamo nella stessa costanza e fedeltà con cui lui ha seguito Gesù Cristo fino al dono supremo della vita.

La presenza della manna è un invito a guardare in avanti e con grande speranza la nostra storia sacra che si realizza tra le vicende e le difficoltà del mondo ma con la certezza della presenza di Dio tra noi che ci invita a non essere turbati e a non avere paura perché Lui è con noi. 

 

 Maratea 14/05/2007

 

Il Parroco

Don Vincenzo Iacovino